Vento
d’estate (...) forse mi perdo
La tramontana
ha spazzato via l’afa degli ultimi tempi e mi ha fatto volare il cappello. Ho
appuntato tutto sui fogli del taccuino, ma sono volati via anche quelli.
Cerco di
riordinare le idee, ma il vento soffia forte e finisce per portarmi la testa
sulle nuvole. Ed è sulle nuvole che incontro Max Gazzè. Ma l’incontro
dura poco: il cantautore che portava i baffi ben prima degli hipster
dell’ultima ora (e soprattutto senza tutta quella spocchia) deve scendere sulla
terra, a portare il suo “Quindi? Tour” a Lecce, in piazza Libertini (il 20
luglio). È ormai in giro da più di un anno con la sua band, a proporre un live
energico e raffinato, che alterna i pezzi più celebri (“Il solito sesso”, “Una
musica può fare”) a brani dell’ultimo disco “Quindi?”. Nel frattempo prepara il
materiale per il nuovo album, e coltiva la carriera da attore (dopo “Basilicata
coast to coast”, ha anche debuttato nel musical “Jesus Christ Superstar”, nel
ruolo di Erode). Stakanovista. Potrebbe restare un altro po’ con me sulle
nuvole, alla fine si sta bene, c’è un bel fresco e un ottimo panorama.
Da sopra le
nuvole posso colmare le distanze con lo sguardo, e vedere due palchi lontani ma
vicini tra loro, su cui contemporaneamente – il 18 luglio – si esibiscono
quelle che i giornalisti in ciabatte etichettano come le “donne del rock”. A
Bari, all’Arena delle Vittorie, la casalinga internazionale del pop italiano
Laura Pausini (che tra qualche giorno sarà di scena anche a Lecce, allo stadio
Via del Mare); a Molfetta, presso la banchina san Domenico, Patti Smith.
Ora, la definizione che spesso accompagna Patricia, la “sacerdotessa del rock”,
oltre che banale, è pure brutta. Patti Smith è più una sopravvissuta: alle
morti premature di marito (il dimenticato chitarrista degli MC5, Fred “Sonic”
Smith) e amici (Robert Mapplethorpe); sopravvissuta alla New York degli anni
Settanta, come racconta nell’autobiografico libro “Just Kids”. Ma soprattutto è
sopravvissuta la sua credibilità artistica dopo quel girone dantesco che è il Festival di
Sanremo. Durante il live Patti presenta l’ultimo album “Banga” – discretamente
accessibile nelle sonorità e accolto positivamente dalla critica –, ma non
dimentica i classici: “Gloria”, “Dancing Barefoot”, “People Have the Power” e
“Because the Night”, e con il suo carisma magnetico cattura l’attenzione di
tutti i presenti. E anche la mia.
Tutto preso
dalle parole di Patti Smith non mi accorgo di un’improvvisa folata di vento che
mi riporta coi piedi per terra, in mezzo alla gente. Senza più la mia posizione
privilegiata di osservatore, cerco controvoglia allora di ricordare che cosa è
successo: ricordo tante sagre, anche se
non so bene di cosa fossero, ma alla fine non importa, è il concetto
di sagra che conta. Ricordo gli InSintesi e il loro “Fimmene in dub”, e la
presentazione della XVI edizione del festival itinerante “La Ghironda Summer
Festival” (che il 13 agosto porterà a Martina Franca Vinicio Capossela).
Ricordo gli Opa Cupa a Torre Regina Giovanna, Jackinthehead, Erica Mou,
Fabrizio Bosso e il trio Di Leone-Bassi-Campanale; i Ghetto Eden e il Premio
Barocco a Gallipoli; ricordo il divertentismo becero, anche se quello –
onestamente – vorrei dimenticarmelo. Ma alla fine è estate, bisogna sopportare
i vocalist, le apericene e i flyer dei locali più cool che, non appena
la pr si volta di spalle, irrimediabilmente volano via. Proprio come il mio
cappello.
Gianmarco Bellavista
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