mercoledì 29 agosto 2012

STORMY MONDAY #22


LA NOTTE DELLA TARANTA VISTA DA LONTANO: RICONCILIAZIONE E PAURA DEL FUTURO

La quindicesima stagione della Notte della Taranta ha il sapore della riconciliazione, come se – a distanza di quindici anni – fosse arrivato il momento di chiudere un ciclo. Per lo meno questa è la sensazione che si prova osservando l’agosto salentino dall’estero, seguendolo come possibile dai siti, dai network, dalle dirette e dai racconti.

La prima riconciliazione sembra arrivare con i direttori delle passate edizioni. Ha il sapore della rappacificazione con quel segreto di Pulcinella che da sempre connota questa rassegna. Perché tanto tutti sanno (ma nessuno lo dice) che il festival è nato, e continua a reggersi, su una miriade sconfinata di conflitti, scontri, accordi, rotture, strategie e competizioni fra persone e fazioni diverse. Fra politici e intellettuali, fra operatori e musicisti sul palco, fra musicisti sul palco e musicisti sotto al palco, fra direttori passati e direttori futuri e compagnia concertante. La cosa non è affatto un male di per sé (dallo scontro nasce la creatività, diceva il saggio), ma sembra che sia vietato sostenere questa posizione, perché tutti dobbiamo affidarci all’idea che “la Taranta porta sviluppo”. Che ci siano tentativi di riconciliazione con questa realtà sembra essere provato dalle esternazioni dello stesso Blasi. Pare che il politico abbia sostenuto – nel convegno organizzato a latere della kermesse – che “la Notte della Taranta ha molti padri, ma una sola madre” (la madre sarebbe lo stesso Blasi). Qualcuno gli ha poi fatto notare che la simbologia era infelice, perché ne discenderebbe che lui è una poco di buono e che la Notte della Taranta è figlia di buona donna. È un fatto, tuttavia, che questa frase rappresenti un riconoscimento della natura conflittuale (fra presunti padri, e fra questi e la disinvolta genitrice). Una riconciliazione, o almeno un tentativo, e spero che un giorno qualcuno racconti la storia della Notte della Taranta come storia di confronti, scontri e competizioni fra diverse personalità e istituzioni, piuttosto che come un esempio unico al mondo di innovazione della tradizione (probabilmente lo è, ma lo hanno già detto tutti, dobbiamo continuare a ripeterlo?).

Il carrozzone/concertone sembra anche riconciliarsi con la sua natura di spettacolo. Perché non è vero che la Notte della Taranta assomiglia al concertone del Primo Maggio, assomiglia piuttosto a Sanremo, solo che è in estate ed è all’aperto. Anche Sanremo, infatti, fa parte del nostro patrimonio identitario, inoltre mette insieme un’orchestra, ospiti internazionali, direttori, conduttori, ballerini e cantanti solisti in prima fila. E soprattutto c’è, nella Notte della Taranta come a Sanremo, il dietro le quinte: il parterre di politici, le personalità, i giornalisti (non manca nessuno, ci sono anche quelli che normalmente si dedicano al death metal). E tutti fanno a gara a occupare i posti migliori (e a farsi fotografare da Pierpaolo Lala). Il grande spettacolo si riconcilia con la sua natura sanremese approdando anche sulla homepage di affaritaliani.it, affianco alle tresche di Corona e alle foto pruriginose, e su youtube. Quest’ultima è una benedizione per i salentini all’estero: la ricezione è stata ottima quasi sempre e se andava via bastava riavviare il browser.

Con la chiamata di Bregovic (“all’attacco!”) è arrivata anche la riconciliazione con il nocciolo duro della Notte della Taranta, quello da cui tutto è partito. Quei giovani che, in quelle estati della seconda metà degli anni Novanta, avevano tra i sedici e i trent’anni e dividevano le loro nottate tra le ronde à la Torre Paduli, le performance di Vinicio Capossela e i concerti di Goran Bregovic (lo ha ricordato, con affetto, Pierpaolo Lala nel suo blog). Sono ancora quei giovani – forse un po’ meno giovani – a costituire il nucleo centrale delle centomila persone che affollano Melpignano (numeri della questura, ufficializzati già da giovedì).
Bregovic arriva quindi a guidare il concertone. E non è che si ricongiungano finalmente le due sponde dell’Adriatico, come tutti si affannano a ripetere. Questo è falso: le due tradizioni (le fanfare rom e la musica popolare salentina) sono diverse, e hanno poche cose in comune, e il perché lo potrebbe spiegare anche uno studente di etnomusicologia. Così come è falsa l’idea che l’obiettivo profondo del sound della Notte della Taranta fosse quello di unirsi ai ritmi balcanici, come sembra suggerire Pacoda nel suo nuovo libro. Non è che la teleologia del festival fosse quella di accorpare, a chitarre e tamburelli, trombe e sassofoni (per quello sarebbe bastato il talento di Gianluca Milanese). Quel che è vero è che si può tentare la fusione tra le due sponde. Ma questo è un altro discorso, e possiamo provare ad approfondirlo.

Esempi di incastri fra le due tradizioni (salentine e balcaniche) si possono rintracciare già nella musica dei Ghetonia di quasi vent’anni fa (su questo io ho già scritto, e Marco Leopizzi prima di me). In tal senso, il grande assente sul palco è Admir Shkurtaj (qualcuno obietterà che Admir non è da concertone, ma a quel punto dovrebbe dimostrare che la Madre Badessa Band lo fosse). Né mancavano personalità (Claudio Prima, Redi Hasa, Maria Mazzotta) che già da tempo lavorano per fare incontrare i due linguaggi musicali. Ma la ricetta del maestro, annunciata con ampio anticipo, era un po' diversa: rinunciava quasi totalmente agli strumenti armonici, lasciando spazio all’incontro fra percussioni e fiati.
Il risultato è che il ruolo delle voci è stato messo in primo piano: i timbri vocali vengono esaltati dall’asciuttezza del suono complessivo. Questo è un bene assoluto, perché ci sono – nell’ensemble – delle vocalità uniche, eccezionali, sia nella schiera femminile che in quella maschile. Epperò, in assenza di strumenti armonici, il cui ruolo è pur sempre quello di sostegno e guida, è stato difficile trovare un collante; il maestro concertatore è riuscito solo raramente a ottenere un amalgama uniforme. Quando c’è riuscito, il risultato è stato esaltante, ottenuto grazie al superbo contributo del flauto di Giulio Bianco e delle corde di Gianluca Longo.

Nel complesso si è riscontrata una grande mancanza di coesione, in particolare nei primi brani. Dopo l’intervento delle mondine, il timbro generale (e forse anche l’umore) si è un po’ assestato. L’entrata in campo della banda di Racale, poi, ha dato vita a un’esperienza sonora potentissima. Si andava sul sicuro: “Kalasnjikov” è come la Divina Commedia, tutti sanno come inizia. E una volta che si inizia bene, un modo per continuare lo si trova sempre. Così come funziona sempre affidarsi alle individualità: la parentesi con cinque uomini sul palco – Paglialunga, Castrignanò, Amato, Licci e Cavallo –, a darsi battaglia a colpi di tamburelli e acuti, ha tenuto tutti attaccati allo schermo (e poi venitemi a dire che la competizione non ha un ruolo importante nelle pratiche musicali salentine!).
Quello che è stato invece insostenibile, in questa edizione, è il gran numero di errori. Stecche e fuori tempo, per non menzionare i finali scoordinati, erano dovuti – ovviamente – alla difficoltà tecnica di conciliare i ritmi e le atmosfere vocali di due tradizioni musicali diverse. Ma gli errori sono dovuti in primo luogo al poco tempo dedicato alle prove e alla costituzione del repertorio. Quello che è mancato, in fondo, è stata proprio l’orchestra intesa come unità sonora. Questo punto, a distanza di quindici anni, è tanto più dolente in quanto ormai quelli sul palco di Melpignano sono dei grandi musicisti. Sono adulti, si sono formati in centinaia di esibizioni, sono creativi, preparati e professionali. Tant’è che sulla faccia di ciascuno di loro, per quanto nascosta dal sorriso d’ordinanza, si scorgeva (altro vantaggio di seguire la manifestazione su youtube) l’espressione d’imbarazzo per gli sbagli tecnici che continuavano a ripetersi.

Questo è quello che dispiace di più, alla fine di un’edizione tutto sommato ricca di spunti musicali e co-presenze. Ma questo, a mio parere, è il grande problema della Notte della Taranta, che mi auguro qualcuno decida di affrontare arrivati al giro di boa del quindicesimo anniversario. La questione è che non esiste un’orchestra: esistono grandi solisti, più o meno in grado di coordinarsi insieme nel suonare brani conosciuti da tutti, ma che però non hanno il tempo – e non sono messi in condizione – di suonare insieme, di diventare una macchina affidabile al servizio del maestro concertatore di turno. Mi piacerebbe veder suonare quei musicisti come un solo strumento, come i Berliner Philharmoniker, e non come una all-stars qualsiasi, in grado di affidarsi alla bravura individuale e a poco altro. Per ottenere una vera orchestra ci vuole un vero impegno da parte della Fondazione: un impegno concreto, continuo e determinato. Se quei musicisti, pur mantenendo le specificità personali e la competitività degli estri artistici, fossero messi nella condizione di suonare come un’orchestra, allora diventerebbero davvero un esempio da esportare. Non solo: costituirebbero anche una guida per le nuove generazioni, a cui potrebbero trasmettere i segreti della loro professione. I giovani musicisti più dotati diventerebbero poi nuovi elementi dell’orchestra. Così la Notte della Taranta porterebbe davvero quello sviluppo di cui tanto si parla.

Il futuro, però, porta anche preoccupazioni. Il sito di affaritaliani (a quanto pare abbastanza informato e piuttosto influente) lancia il nome di Renzo Arbore come maestro concertatore per la prossima edizione. Sono convinto che il nome del leader non sia importante quanto la costituzione di una vera orchestra, ma se proprio dobbiamo pensare al conduttore, vi prego, lasciate perdere l’illustre foggiano. Renzo Arbore è un eroe nazionale nel campo della diffusione della cultura musicale. E lo è in almeno tre generi musicali (il pop degli anni Sessanta, il jazz, la musica popolare urbana). Come tutti gli eroi, va onorato e preso d’esempio, ma non lo si chiama a dirigere le truppe. Il mondo è pieno di menti musicali brillanti e illuminate, e ormai il concertone ha ottenuto un certo richiamo. La mia proposta allora, se Blasi, Bray e Torsello vogliono ascoltarla, è di fare un bando internazionale aperto a tutti i potenziali maestri concertatori (jazzisti, direttori d’orchestra o arrangiatori di musica etnica) e valutare le proposte in base al curriculum e alle idee musicali che giungeranno in sede da tutto il mondo (nonché dai locali). Questo potrebbe essere un buon modello per il futuro. Da esportare (forse), ma soprattutto da fare realmente nostro.
Gianpaolo Chiriacò

lunedì 13 agosto 2012

STORMY MONDAY #21


Un viaggio musicale in pieno agosto

Per il viaggio che la vostra premiata agenzia di musical tour vi propone questa settimana si consiglia di star leggeri. Così, se state facendo le valigie, è il caso di lasciare cose ovvie e inutili e di portarvi i-pod, lettori cd, macchine fotografiche e magliettine con le liste di concerti annesse. Da veri appartenenti al popolo dei concerti. Signori e signori allacciate le cinture, stiamo per decollare. Il filo- blues mette le ali, e son anche concessi gli scatti alle nuvole dal finestrino dell’aereo, le foto con i cantanti e i vari cimeli dei concerti.
La destinazione? ...o certo, la destinazione! Ma è ovvia: Ungheria! Sziget Festival! Dal 6 al 13 agosto a Budapest abbiamo la ventesima edizione del glorioso festival. Una line-up internazionale da brividi. Tra cui si scorge la presenza, dalla Puglia, di Erica Mou, Fabryka, Insintesi & Mama Marjas, One Way Ticket. Non sfigurano, i nostri conterranei, in mezzo ad altre band come gli Zen Circus, i Ministri, Bud Spencer Blues Explosion, Il Teatro degli Orrori, Dente, Management del Dolore Post-operatorio, i Cani. Da un altro pianeta arrivavano poi Prodigy, Skunk Anansie, Kaiser Chiefs.

Sorvolando invece sulla nostra regione il 6 agosto è stato un giorno propizio: come direbbero i Verdena, «è solo lunedì», ma inizia nel migliore dei modi e apre una settimana intensa. Jessie Evans, americana di nascita ma berlinese d’adozione, si esibisce a Polignano a mare. Il 7 agosto si tinge di note elettroniche con l’esibizione dei Planet funk al Parco Gondar, un set esplosivo; mentre a Torre Santa Susanna si apre la prima serata, con i cantanti locali Mezzatesta & Soci, della manifestazione “Facciamo la pace con i diritti”, organizzata dal gruppo territoriale Emergency e dall’associazione Adelante, in collaborazione con altre realtà locali. L’otto agosto c’è stata turbolenza nel cielo torrese: il concerto degli A Toys Orchestra. Atmosfere surreali e dinamiche, con testi e note di Enzo Moretto, la cui chitarra è divenuta simbolo di questa band. Come souvenir, da questo concerto, abbiamo la bacchetta di Andrea, le foto e una super chiacchierata con tutta la band.

Al Barcollo, sempre in zona Torre Santa Susanna, Luigi Bruno leader dei Muffx e chitarrista degli Opa Cupa, assieme a Cristiano Colopi, propongono uno spettacolo a base di rock folk con alcuni brani inediti, pezzi dei Muffx rivisitati ed esplorazioni etno-rock con chitarra elettrica, loop station e synth: “Quanto costano i tuoi desideri? Che sono uguale ai miei.”

La notte di san Lorenzo rimane libera per ammirare le stelle, bervi le birre in spiaggia ed esprimere qualche desiderio. Ma in lontananza potete sentire lo Jonio Jazz Festival. Ci auguriamo che siate già stati pronti per ripartire e andare all’inaugurazione del Gusto Dopa al Sole, che l’undici agosto ospita lo spettacolino, teatrale e simpatico, offerto da Caparezza assieme alla presenza di Mama Marjas, Valerio Combas degli Après la Classe. A scelta ci sarebbe anche il Parco Gondar, dove la continuazione del ricchissimo calendario prevede i M.o.p. e 99 Posse. Verso il brindisino, aTorre Regina, Apani, i Boom Da Bash continuano il “Made in Italy Tour” insieme ai salentini generali (The Coolsteppers, Rekkia, Cesko e Puccia, ancora dagli Après la Classe).

Il 12 agosto le nuvole a forma di note somigliano a quelle di Africa Unite, Nina Zilli, Macro Marco, Ghemon e Mirko Kiave, sempre in zona Gusto Dopa. Dall’altra parte il vento porta house ed elettronica a firma di Mister David Guetta (Parco Gondar). Michele Cortese propone il suo teatro dei burattini alla notte bianca di Specchia. Ultima tappa del viaggio... in Grecia. Il 13 agosto raggiungiamo le vette del “Rebetiko Tour” di Vinicio Capossela, a Martina Franca.

Siamo atterrati sani e salvi, bella gente. Grazie di aver viaggiato con la compagnia del Filo-Blues. Vi auguriamo le migliori vacanze sempre in compagnia di tanta musica! E che la musica vi accompagni in ogni momento! Arrivederci!
Nadia Vecchio

martedì 7 agosto 2012

STORMY MONDAY #20


Running up that ill

Con fare intorpidito, diviso tra dovere di cronaca bloggarola (ultimo pretesto che giustifica il fatto di ritrovarsi alle quattro e mezzo di mattina addormentati su una spiaggia completamente deserta) e un’irriducibile punta di sarcasmo legata al nome dell’ospite “a sorpresa” di Alba in Jazz 2012 (era davvero opportuno? era davvero una sorpresa?), cominciamo la scalata della suggestiva collina di Santu Mauru. Intorno a noi, un popolo di ragazzi freschi di movida, armati di i-Phone, teleobiettivi e flash che fanno concorrenza al sole timido dell’alba.

In cima troveremo Raffaele Casarano & Locomotive, protagonisti della settimana musicale del tacco, irriducibile motore della settima edizione del Locomotive Jazz Festival in quel di Sogliano Cavour. È lui, Raffaele, insieme alla sua band, ad accompagnare i rivoli vocali di Giuliano Sangiorgi (sorpresa!). Si tratta della costola notturna (o mattutina, per alcuni) di un festival per realizzare il quale gli organizzatori hanno messo in piedi un piccolo miracolo, vista l’esiguità dei fondi a disposizione, e visto il fatto che gran parte dei finanziamenti è stata tagliata poche settimane prima dell’evento. Così, tra spending review e defezioni dell’ultimo minuto, il Locomotive non ha potuto regalare quanto ci si aspettava, in termini di emozioni e coinvolgimento. Da locomotiva il festival si è dovuto trasformare nel “viandante”, che – gambe in spalla e cinghia stretta – porta con sé l’essenziale. Con quel poco, si è comunque costruita una macchina efficace: in musica, in esposizioni e in manodopera. Pochi elementi come pochi gli anni di attività, ma tutti ben piazzati.

Gianluca Petrella accarezza lo stomaco la prima sera. Rodato al fianco dei grandi nomi – Ottaviano che l’ha coltivato e Rava che l’ha messo sui palchi che contano –, il trombonista barese offre a una piazza ancora un po’ scettica le sessioni lunghe e cupe del suo quintetto. “A night in... Popoulos”, e la scena si sposta su un prodotto locale: Andrea Mangia, che martedì aveva ufficialmente aperto un agosto senza fiato con la notevole esibizione in formazione Girl With The Gun, nel corso del secondo Indiefest made in Lecce, sul palco dell’Ostello della Gioventù.

A Sogliano, il due, è mattinata libera prima della full immersion delle successive 24 ore: risaliamo la costa della Chiesa di San Lorenzo e siamo già buoni amici degli accoglienti autoctoni – che ci inventano sul momento parcheggi ignari dei fondamenti della circolazione automobilistica, nonché del senso del dovere dei vigili urbani del sud Salento durante le notti d’estate –, birra e Mauro Tre Trio d’aperitivo, vincitore delle “Jam del Birdland”. A un certo punto vediamo affacciarsi sul palco un Eugenio Finardi in jazz che, multigenere e teatrale come pochi, concede i pilastri della sua carriera ai Locomotive di Raffaele, che ri-strutturano il tutto, arrangiando con coraggio Diesel, Katia, Le ragazze di Osaka, Vil Coyote, Un uomo, La radio. Un tracciato apprezzabile, anche se si percepisce la nostalgia dei fasti delle origini con la gloriosa Cramps.

L’ospite più atteso arriva il 3 agosto: Lars Danielsson, contrabassista svedese adorato in Danimarca, partner tra gli altri di Kenny Wheeler e Bill Evans. Il musicista è pulito e impeccabile in ogni sua interpretazione, l’elegante luna piena su via Trieste poi contribuisce a ricreare un clima di pallida melanconia. Segue il bizzarro e ambizioso esperimento Locomotive Percussion Afrobeat con il Progetto Triace: Emanuela Gabrieli, Alessia Tondo, Carla Petrachi alla voce, Marco Rollo al piano e synth, Alessando Monteduro alle percussioni. Il temerario mix proposto dalla band – tradizione salentina e ritmi africani, jazz ed elettronica –  prometteva grandi cose, per lo meno sulla carta. Inaspettatamente però la performance si è rivelata fredda, il tentativo di fusione privo di armonia e a tratti persino irritante (beats spesso fuori luogo, tamburelli poco più che mero souvenir decorativo).

Ma è stata anche settimana di elettronica d’alto rango, giù in Puglia, con il downbeat a tinte esotiche dei Thievery Corporation, maestri indiscussi del genere (gli si perdona anche il recente, raffazzonato “Culture of Fear”), ospiti del gran cartellone del Locus Festival di Locorotondo. Nello stesso festival, menzione speciale va alla brillante apertura etiope con Mulatu Astatke, mentre i Thievery erano presenti il 31, nella persona di Rob Garza, coadiuvato dal loro equivalente italiota, ovvero Nicola Conte. Molto più giù invece, al Casablanca di Nardò, è stata la volta di Goldie, vera leggenda della jungle music britannica, tra gli eventi del Day Off Music Festival 2012 (a un anno dalla memorabile esibizione di Aphex Twin), in attesa del concertone conclusivo del 15 agosto, alla masseria Torcito.

Elisa Giacovelli
Roberto Rizzo

lunedì 6 agosto 2012

STORMY MONDAY #19


Ritorno… amaro ritorno
Anche gli Erasmus finiscono. Sono ritornata in Spagna la settimana prima di scrivere il mio bollettino, e c’ho messo una settimana a farlo arrivare in Puglia (problemi di trasporto).
Ma se fossi stata a Lecce, nella settimana dal 22 al 28 luglio, sarei rimasta delusa di non vedere Opa Cupa, rimandati a causa del maltempo. Per veder brillare le loro “Stelle Salenti” avrei dovuto aspettare martedì 31, nuova data al Lido Buenaventura.
Saltando dal lunedì al mercoledì per arrivare al giovedì 26 e vedere il Club Dogo al Parco Gondar a Gallipoli, dove, dopo le rime, avremmo avuto un bagno a Baia Verde, con un tasso ancora dentro di noi.
E il sabato... oh! Sabato 28 il Salento era pieno di eventi musicali. In tema, a Latiano, il laboratorio musicale “Conoscere il 900 attraverso la sua musica” che il Nabil Salameh, mestro nel palazzo dei Radiorvish imperiali, ha tenuto. Sabato sarei anche andata a vedere Roberto Casalino.
Convincere gli amici per un giro a volte è difficile, ma non credo che sarebbe stato complicato portarli a vedere, a Torre Regina Giovanna, il concerto della band milanese Afterhours, venuta a presentare il suo nuovo album “Padania”. Inoltre avremmo affrontato Fragagnano e la a zona industriale, dove si è avuto un evento chiamato “La Notte della Pizzica”!
Ma, certamente, non avrebbe potuto essere più salentina la fine della mia esperienza Erasmus: andare a vedere Anna Cinzia Villani, il 29 a Montesano Salentino, con “Fimmana, mare e focu”, uscito a marzo, con al fianco la Macuran Orchestra al completo.
E per finire una buona settimana: è iniziato il Festival Jazz Otranto, con Gegè Telesforo sabato, e Salvatore Russo Gypsy Jazz Quartet e Eliel Lazo, band cubana europea, a Maglie.
E se... se... se… e se fossi stata ancora a Lecce, questo bolettino sarebbe arrivato in tempo perché il mio contratto internet con wind sarebbe ancora in vigore. Avrei continuato a prendere l'autobus alle 12:30 per andare a Torre Chianca, e a trascorrere le notti al Convitto. Mi alzavo ogni mattina consultando il “Salento in Bus” e il fine settimana avrei deciso quale Lido era più divertente. A Sant’Oronzo starei ancora camminando e mangiando il gelato e Nutella Kinder Bueno, sentendomi al settimo cielo.
Con questo saluto, lettori, colleghi del Filo-Blues del Salento... se dopo 9 mesi a Lecce, mi permettete di darvi un consiglio... godete! Godetevi questo pezzo caldo del cielo in cui vivete, andate al mare, godetevi l’arte che vi circonda, e la natura quasi selvaggia. E naturalmente... non dovete mai scendere da questo Filo-Blues.

Lara Álvarez Carrasco