lunedì 9 luglio 2012

STORMY MONDAY #16

Trittici e terzine

Gli addii, quelli che partono, quelli che restano. Tra afa palindroma ed evocazioni demoniache congediamo un inizio di luglio tra i più caldi che ci si potesse inventare. Da tutti i punti di vista.

Non si può guardare la settimana appena passata solo con due occhi, tanto meno ascoltarla solo con un paio d’orecchie. Per una contezza precisa di tutte le esperienze acustiche nell’aria del Tacco da lunedì a domenica avremmo dovuto possedere il segreto della moltiplicazione, il cui brevetto purtroppo è detenuto – in via del tutto esclusiva – da colui che è secondo per popolarità solo ai Beatles (e che di nome fa Gesù). Ad oggi, ahimè, possiamo solo attenerci all’utilizzo di strumenti cubisti, sperimentando l’applicazione pratica della simultaneità della visione e dell’ascolto: su e giù, dentro, oltre e intorno l’abbacinante palcoscenico pugliese, cercando, attraverso il metro centrale dello spettatore, di farne un quadro.

Anzi, un trittico. Stati d’animo di Umberto Boccioni (1911) sintetizza in tre immagini il variopinto scenario d’avvio stagione. Tre momenti tre, come le terzine declamate da calembour giornalistici molto meno creativi di certi meteorologi […lasciate ogne speranza voi ch’aspettate l’abbassarsi delle temperature]. Tre come i festival Jazz che hanno punteggiato le serate su binari paralleli da Bari e Lecce: il S. Martin Jazz Festival a Giovinazzo, che riporta in Puglia la tromba di Fabrizio Bosso in duo con il pianista Fabio Filippini; il Jazz Ciak Gulp, festival “Jazz in Veglie” alla sua settima edizione, che ci ha offerto la dose settimanale di ritmi sincopati della porta accanto, con le esibizioni del Mauro Tre Trio (Tre-Alemanno-Congedo) e del contrabbassista Marco Bardoscia con il suo “The dreamer”, alle spalle i fidati Casarano, Greco e Accardi. Poi la corposa programmazione del Bari In Jazz, organizzato da Abusuan con la direzione artistica del sassofonista Roberto Ottaviano, che ha reso Bari fuoco vivo del meticciato culturale mediterraneo, facendo incontrare sullo stesso lungomare i portoghesi Maria João e Mário Laginha con l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari; il violoncellista e compositore Paolo Damiani con l’eterogenea Vanishing Band; il “mago degli incontri musicali” Majid Bekkas che ha riunito sotto l’egida del Progetto Makemba il suo oud marocchino, il clarinetto francese di Louis Sclavis e il celebre balafonista Aly Keita; e …voci alte e fioche, e suon di man con elle per la prima nazionale Crossing the Borders, a nome della pregevole Maria Pia De Vito, che fra le altre cose è anche in tour con gli Area.


E ancora avessimo conservato un ultimo respiro, l’abbiamo esalato domenica con Chick Corea: il folle oriundo siciliano naturalizzato tastierista di Miles Davis (“In a Silent Way”, “Bitches Brew”), prima di abbandonarne il tracciato per lanciarsi in una illuminata carriera. Pioniere del Rhodes, vincitore di 18 grammy e leader della Chick Corea Electric (di tanto in tanto Akoustic) Band, nonché perno di fruttuose relazioni artistiche (Béla Fleck, del 2007 il loro “The Enchantement”, e la veste delicata con Gary Burton), si presenta a Bari in camicia hawaiana e un intimo piano solo.

Quelli che partono al solco di rotte esterne sono anch’essi tanti e diversi: incardinati in questa terra bruciata dal sole e dal sole invecchiata, gettano il cuore oltre i confini regionali e migrano (sostenuti dallo scudo di Quelli che restano, e a volte da Puglia Sounds) in forma di supporto discografico. È il caso della cantante-trombettista
Grazia Negro che esordisce con Ragazze Forty, registrato ai Posada Negro di Roy Paci a Lecce, con la variegata collaborazione di Daniele di Bonaventura, Mauro Ermanno Giovanardi, Primo dei Cor Veleno, Tayone ed altri; di Papa Ricky che presenta Villa Barca, compendio di vent’anni di attività da antesignano del raggamuffin, realizzato insieme al suono fresco della new generation (Dema e Kusci, Steela – Fratelli Gioia, Saska Chewa – Adriano Sure, Boomdabash); e Insintesi con Miss Mykela che, altrettanto freschi di stampa, presentano “Fimmene in Dub”, quando il Sud dell’Italia (Anna Cinzia Villani, Enza Pagliara, Maria Mazzotta) incontra il Sud della Francia (Papet Jali), rigorosamente sotto i 60 hertz.


Grandi le Ladies pugliesi (se ancora non s’era capito!), nella settimana del jazz si ritagliano uno spazio grande quanto una casa, “Casa Azul” per la precisione: la dimora della pittrice messicana Frida Kahlo dà il nome al terzo album di Silvia Manco (scuderia Dodicilune), geneticamente pianista e una fantasia che si muove dagli standard alla composizione originale, alla continua ricerca dell’armonia voce-piano ma con radici storiche ben salde. E sempre “Tutta roba pugliese” (Volume 1, http://www.rockit.it/compilation/tutta-roba-pugliese-vol-1/19862) si trova nella prima delle cinque compilation dedicate alla produzione regionale dal sito Rockit.it: 17 brani rigorosamente endogeni, e pensare che si tratta (pare) solo di una «piccola parte dei 100 album prodotti da Puglia Sounds Recording nell’ultimo anno».

Gli addii lì buttiamo lì a chiosa finale, giacché non vorremmo mai dirli, però a volte è tanto meglio smarcarsi dai retaggi rock-adolescenziali dei
Negrita di inizio settimana a Molfetta, perché se c’è chi …dice cose nuove non siete più voi, ragazzi, e il Sud verso cui rotolavate vi consiglia di seguire l’esempio del principe degli snob Agnelli, che dimezza – a ragion di crisi veduta – il prezzo live degli Afterhours. Smarchiamoci anche della performance audiovisiva in località Punta della Suina dell’ultimo Antonacci, capace in 4 minuti – trenta ballerine e un testo imbarazzante – di oscurare una settimana ad alta densità produttiva come questa. Lascia perdere Biagio, ché qui oltre la (tua immagine della) pizzica c’è di più.

Elisa Giacovelli

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