lunedì 23 luglio 2012

STORMY MONDAY #18


Vento d’estate (...) forse mi perdo

La tramontana ha spazzato via l’afa degli ultimi tempi e mi ha fatto volare il cappello. Ho appuntato tutto sui fogli del taccuino, ma sono volati via anche quelli.

Cerco di riordinare le idee, ma il vento soffia forte e finisce per portarmi la testa sulle nuvole. Ed è sulle nuvole che incontro Max Gazzè. Ma l’incontro dura poco: il cantautore che portava i baffi ben prima degli hipster dell’ultima ora (e soprattutto senza tutta quella spocchia) deve scendere sulla terra, a portare il suo “Quindi? Tour” a Lecce, in piazza Libertini (il 20 luglio). È ormai in giro da più di un anno con la sua band, a proporre un live energico e raffinato, che alterna i pezzi più celebri (“Il solito sesso”, “Una musica può fare”) a brani dell’ultimo disco “Quindi?”. Nel frattempo prepara il materiale per il nuovo album, e coltiva la carriera da attore (dopo “Basilicata coast to coast”, ha anche debuttato nel musical “Jesus Christ Superstar”, nel ruolo di Erode). Stakanovista. Potrebbe restare un altro po’ con me sulle nuvole, alla fine si sta bene, c’è un bel fresco e un ottimo panorama.

Da sopra le nuvole posso colmare le distanze con lo sguardo, e vedere due palchi lontani ma vicini tra loro, su cui contemporaneamente – il 18 luglio – si esibiscono quelle che i giornalisti in ciabatte etichettano come le “donne del rock”. A Bari, all’Arena delle Vittorie, la casalinga internazionale del pop italiano Laura Pausini (che tra qualche giorno sarà di scena anche a Lecce, allo stadio Via del Mare); a Molfetta, presso la banchina san Domenico, Patti Smith. Ora, la definizione che spesso accompagna Patricia, la “sacerdotessa del rock”, oltre che banale, è pure brutta. Patti Smith è più una sopravvissuta: alle morti premature di marito (il dimenticato chitarrista degli MC5, Fred “Sonic” Smith) e amici (Robert Mapplethorpe); sopravvissuta alla New York degli anni Settanta, come racconta nell’autobiografico libro “Just Kids”. Ma soprattutto è sopravvissuta la sua credibilità artistica dopo  quel girone dantesco che è il Festival di Sanremo. Durante il live Patti presenta l’ultimo album “Banga” – discretamente accessibile nelle sonorità e accolto positivamente dalla critica –, ma non dimentica i classici: “Gloria”, “Dancing Barefoot”, “People Have the Power” e “Because the Night”, e con il suo carisma magnetico cattura l’attenzione di tutti i presenti. E anche la mia.

Tutto preso dalle parole di Patti Smith non mi accorgo di un’improvvisa folata di vento che mi riporta coi piedi per terra, in mezzo alla gente. Senza più la mia posizione privilegiata di osservatore, cerco controvoglia allora di ricordare che cosa è successo:  ricordo tante sagre, anche se non so bene di cosa fossero, ma alla fine non importa, è il concetto di sagra che conta. Ricordo gli InSintesi e il loro “Fimmene in dub”, e la presentazione della XVI edizione del festival itinerante “La Ghironda Summer Festival” (che il 13 agosto porterà a Martina Franca Vinicio Capossela). Ricordo gli Opa Cupa a Torre Regina Giovanna, Jackinthehead, Erica Mou, Fabrizio Bosso e il trio Di Leone-Bassi-Campanale; i Ghetto Eden e il Premio Barocco a Gallipoli; ricordo il divertentismo becero, anche se quello – onestamente – vorrei dimenticarmelo. Ma alla fine è estate, bisogna sopportare i vocalist, le apericene e i flyer dei locali più cool che, non appena la pr si volta di spalle, irrimediabilmente volano via. Proprio come il mio cappello.

Gianmarco Bellavista

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